Articoli | 21 October 2021 | Autore: Manuela Lai

CEI – LEMA: una partnership che punta a nuovi orizzonti

È una operazione destinata a fare la storia della ricambistica perché, pur essendo tra le prime nel mercato autocarro, saprà dare un forte contributo a quel processo di aggregazione e consolidamento in atto nel mercato. Ne abbiamo parlato con le aziende coinvolte: CEI e LEMA.

 

Durante i mesi più bui del lockdown, quando molte aziende – non del nostro comparto – erano costrette a fermarsi temporaneamente per rispettare le misure di contenimento, c’era chi prendeva scelte decisive e stipulava contratti, dando vita a importanti operazioni. Quando tutto sembrava fermo, c’era chi si muoveva alla ricerca di nuovi partner, scommettendo ancora una volta sull’industria italiana della componentistica.
Parliamo di CEI, del fondo di Private Equity Alto Partners e del nuovo partner della ricambistica LEMA.

“Tutto è successo in tempi molto stretti – ha dichiarato Elisabetta Boni, amministratore delegato e azionista di CEI. - Il 7 aprile 2020 ho venduto l’azienda al fondo Alto Partners IV e in questa operazione ho mantenuto un’importante quota di minoranza e la gestione operativa della società. Il 23 aprile 2021 abbiamo formalizzato l’acquisizione di LEMA, lasciando a Giordano Zauli la gestione operativa insieme a una quota di minoranza che ha reinvestito nella CEI stessa”.
Un’operazione, quest’ultima, ben riuscita sotto molti punti di vista, dove tutto si è integrato come nei migliori meccanismi di ingranaggeria.

A fine aprile, dalla “motor valley” italiana, arriva una notizia che dà una scossa al fenomeno di consolidamento degli attori della filiera della ricambistica. Come si è arrivati a questa operazione?
Elisabetta Boni: Dopo l’acquisizione da parte del fondo, nella primavera 2020, ci siamo subito mossi per cercare nuove aziende e nuove opportunità di business e LEMA è stato il primo pensiero. È stato un “fidanzamento” e poi un “matrimonio” d’intenti costruito in tempi record, perché avviato nell’estate dello scorso anno e conclusosi ad aprile 2021.

Maggiore complementarietà non avrei potuto trovarla.
LEMA innanzitutto è sempre stata un’azienda molto bene gestita dal suo titolare, Giordano Zauli, che conosco da tempo e che ho sempre stimato.
I nostri prodotti si integrano bene, i mercati anche; penso che non ci sia una integrazione migliore. È difficile trovare due aziende che si integrano così bene.

Giordano Zauli: È stato un percorso impegnativo e importante, ma sono i passaggi obbligati; l’acquisizione è un’operazione molto complessa per tutte le sue particolarità, perché bisogna andare in profondità in ogni dettaglio, ma abbiamo vissuto comunque tutte le fasi del processo con entusiasmo e con la consapevolezza che questa unione rappresentasse una grande opportunità.  

Inutile nasconderlo: il mercato non è abituato a questo tipo di operazioni. Come è maturata la decisione di cercare nuove forme di aggregazione e integrazione?
Elisabetta Boni: Il nostro mercato deve andare in questa direzione, come sta già facendo da qualche anno il segmento auto. Se io non ho un supporto che possa portarmi a una crescita e a uno sviluppo nel tempo, la mia azienda potrebbe anche sopravvivere, ma non farà mai il salto di qualità. Quando devi iniziare a combattere su certi mercati e con certi clienti che hanno volumi considerevoli, se non sei “attractive” - come dicono da quelle parti - fai fatica. Davanti ai grossi player che fanno parte di gruppi multinazionali, devi essere riconoscibile e se oggi non fai parte di questi gruppi fai fatica, perché hanno in mano una fetta importante della distribuzione.

Nonostante CEI fosse un’azienda storica, fondata nel 1969, che contava su una lunga esperienza e su forti competenze acquisite negli anni, rimaneva una realtà grande tra i piccoli, ma piccola tra i supergiganti. E da qui la necessità di fare un salto, di crescere, quindi di cercare forme di aggregazione, tramite acquisizioni e integrazioni.
Dapprima la decisione di cedere le quote a un fondo di P.E. che mi supportasse nella crescita e poi la scelta di integrazione con LEMA. Entrambe sono state operazioniarticolate, perché ci vuole esperienza, capacità, analisi, oltre a uno staff legale e tecnico molto preparato. Ma entrambe si sono rivelate operazioni ben riuscite.

Qual è stata la reazione sul mercato?
Elisabetta Boni: Il mercato ha reagito molto bene; siamo stati un esempio per molte realtà italiane, a conferma che queste operazioni funzionano anche nel nostro mercato. Non siamo inferiori a  nessuna azienda tedesca, polacca o russa.
Le piccole interazioni che abbiamo già avuto tra i rispettivi clienti hanno dato un riscontro molto positivo.

Come cambierà l’organizzazione delle aziende?
Giordano Zauli: CEI e LEMA sono due marchi conosciuti e apprezzati sul mercato, con un valore importante, e per questo rimarranno sempre separati. CEI è riconosciuto di più come prodotto altamente tecnologico, soprattutto nel mondo del cambio e del differenziale, della meccanica pura. LEMA invece è specializzata nelle guarnizioni e in altri componenti del sottocarro e del motore.
Come già detto, siamo due aziende assolutamente complementari, quindi grandissime sovrapposizioni non ci sono.


Elisabetta Boni: Ci sposiamo molto bene, perché lui è legato al motore, io invece sono legata al cambio, quindi c’è molta complementarietà. Il salto che mi aspetto viene soprattutto dall’estero, a partire dalla nostra filiale in Francia; la possibilità di poter presentare i prodotti LEMA con la nostra distribuzione potrà restituirci una crescita importante.

La notizia ha avuto un forte peso anche oltre confine. Quali saranno gli sviluppi verso questi mercati?
Giordano Zauli: Ci puntiamo molto. Se sul fronte interno – partendo già da quote di mercato importanti – si possono ipotizzare delle percentuali di crescita piuttosto esigue, spazi importanti di sviluppo si possono invece avere dai mercati esteri, dove CEI ha già una presenza maggiore, più incisiva e importante.
In primis si ipotizza una crescita nel mercato francese, presidiato da CEI direttamente con una sua filiale, e progressivamente nel resto del mondo.
Per LEMA sarà un’opportunità unica. Potevamo prevedere uno sviluppo al massimo del 3-5%, ma con l’integrazione si aprono opportunità completamente diverse.

L’estero avrà quindi la priorità sui mercati italiani?
Elisabetta Boni: Siamo in una fase di riorganizzazione, a partire come detto dalle reti estere, dove punteremo maggiormente. La presenza della filiale in Francia è già un buon biglietto da visita per i prodotti LEMA. Completata la codifica, si tratta ora di presentarli alla nostra rete di vendita. È un’attività fondamentale e prioritaria.

Annunciando l’integrazione, avete dichiarato di voler creare un polo italiano per la ricambistica dell’autocarro. Quali saranno i prossimi step per raggiungere questo target?
Elisabetta Boni: In Italia non esiste una situazione simile. Al di là di qualche grande marchio e multinazionale, il nostro tessuto produttivo è formato da realtà a conduzione familiare con una dimensione medio-piccola. Ultimamente poi stiamo assistendo a uno spostamento degli equilibri, con aziende molto dedicate al primo impianto, che hanno subito una forte perdita, e che cercano di trovare un’alternativa nell’aftermarket.
Tornando al nostro progetto di sviluppo, la creazione di un polo italiano per la ricambistica del camion dovrebbe concretizzarsi tramite l’acquisizione di società operanti in segmenti produttivi contigui ai nostri, ma ci siamo resi conto che è veramente difficile trovare aziende con prodotti complementari. Ecco perché, per evitare sovrapposizioni, stiamo guardando anche verso l’estero.

C’è in previsione l’apertura di altre filiali?
Elisabetta Boni: Ci stiamo ragionando: è un’opportunità che stiamo prendendo in esame seriamente. Stiamo tenendo sotto controllo l’andamento in Francia, per poi replicare l’esempio anche in altre parti.
La scelta deriva dal fatto che ora abbiamo una massa critica di prodotti tale da rendere remunerativa l’apertura di una nuova filiale. Se in Francia ci sono voluti anni di sforzi per arrivare ad avere determinati volumi, aprire una nuova filiale oggi sarebbe meno difficile, perché abbiamo più prodotti da poter offrire.
La decisione, soprattutto sull’estero, è vincolata da un’altra direttrice di sviluppo: la ricerca di nuovi partner. Se non riusciamo a trovare collaborazioni o aziende da integrare, l’apertura di una filiale sarà un passo da affrontare, non tanto in Europa, quanto in paesi   di Africa, sud America, Medio-Oriente: sono mercati importanti dove abbiamo ampie possibilità di crescita, date da un “parco mezzi circolante” non recentissimo molto vecchio.

Dal vostro punto di vista privilegiato, come sta cambiando il mercato e quale sarà lo scenario in cui vi troverete a operare nei prossimi 5/10 anni?
Elisabetta Boni: Come ho già avuto modo di dire, dobbiamo andare nella direzione di maggiore consolidamento, tanto a livello di produzione quanto a livello di distribuzione. È il mercato che ce lo chiede. Basta osservare la situazione italiana, dove purtroppo va segnalata la difficoltà di molte imprese. Stiamo assistendo a una lenta riduzione del numero dei nostri clienti e questo mi preoccupa molto.
È una selezione naturale e la sopravvivenza si chiama aggregazione.
Giordano Zauli: Il mercato sta cambiando; il numero di clienti si riduce ma allo stesso tempo alcuni di loro acquistano sempre più peso. Questo deriva da un parco circolante in completa evoluzione: numericamente è abbastanza fermo negli ultimi anni, ma è più diversificato, perché accanto a vecchi veicoli ancora in circolazione, ce ne sono di nuovi, carichi di tecnologia. La conseguenza di questa diversificazione del parco ricade sul distributore, che deve avere a magazzino una quantità di codici infinita. Chiaramente le realtà più piccole non sono in grado di gestire strutture con 50-60.000 codici e così stiamo assistendo a una riduzione tanto nel numero dei distributori quanto in quello dei punti vendita. L’aggregazione rimane l’unica arma, importante e fondamentale anche a valle e non solo per noi.

 

CEI entra in TecDoc

A luglio CEI ha annunciato la presenza del proprio marchio e di tutti i prodotti all’interno del catalogo TecDoc.
Essere entrati in TecDoc è un’opportunità di crescita; grazie a questa operazione, il nostro marchio sarà sempre più valorizzato e apprezzato in tutto il mondo. L’obiettivo dell’investimento è di contribuire al nostro ingresso in mercati a noi più difficili, come quello tedesco e spagnolo, e  di crescere in altri dove siamo già presenti.
Il fatto che per certe gamme di prodotti, tipo ingranaggeria e differenziale, ci siano pochi fornitori oltre a noi, gioca a nostro vantaggio e spero che questo ci permetterà di avere maggiore visibilità soprattutto all’estero.
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